martedì 21 maggio 2013

Il soldo prima di tutto

Scorcio: l'unico battello visibile e in uso è quello con le vele.

Chi può entrare in arsenale? Un sacco di gente. Porte aperte alle aziende che almeno hanno qualcosa da fare. Ci entrano i ladri di bronzo, che per mesi operano indisturbati, meno abili dei rapinatori che già vent'anni fafuggirono con gli stipendi. Ci entrano i politici in cerca di idee precise. O di idee e basta. Lo spazio abbonda a tal punto da far entrare yacht, con alberi che occhieggiano oltre il muro, da far progetti di salone nautico, e dare approdo sul molo, da sempre dichiarato strategico, alle navi da crociera. Ma "stranamente" non c'è spazio per i cittadini.

L'atmosfera tesa della Guerra Fredda è finita da un pezzo, quella condizione anomala con armi ovunque e la leva obbligatoria che ormai sembrava una cosa normale. Sgonfiata come un palloncino bucato. Così rimangono i tanti relitti del tempo che fu e la necessità di trovar loro un qualche ruolo. Ma mentre ex-aeroporti sovietici nel cuore della Germania diventavano spiagge tropicali, i bunker britannici musei, le basi missilistiche americane si riconvertivano al turismo storico, da noi si continuava a favoleggiare di mai chiariti ruoli strategici che rendevano intoccabile l'arsenale spezzino. Navi in disarmo che nascondono nuove e strabilianti tecnologie? Sotto Campo in Ferro si trova la base di Mazinga camuffata da discarica inquinante? Nei capannoni pericolanti armi segrete? Eh no. Con vent'anni di ritardo si prende atto che la storia è andata avanti. 

'Disuso conclamato' è la diagnosi ormai chiara a chiunque ma per tanto tempo negata con traballanti giri di parole. Sempre meno nascosta tra le righe dei giornali, nelle parole degli ammiragli e dei politici. Sorpasso, obsolescenza, tramonto. Non possono dirlo direttamente, sarebbe troppo l'imbarazzo rispetto alle tante dichiarazioni che ammiccavano a progetti di rilancio e la strategia e l'inalienabilità. 
Meglio parlare di spazi dati all'industria e moli alle crociere sorvolando sul fatto che sia possibile proprio grazie allo svuotamento del senso stesso di questo arsenale

Fantasmi
Ed è l'alba del nuovo problema: a chi finiscono in mano gli spazi? È una gara silenziosa: fanno gola alle industrie, ai cantieri, così come fanno gola alla malavita
Eppure spettano ai cittadini, storicamente esposti ai rischi delle attività militari, limitati, privati di spazio e opportunità, sacrificati alle esigenze della Marina. Alle istituzioni spetta invece il ruolo di garantire il rispetto di certe precedenze. 

Ma a vedere chi può entrare in arsenale con gli yacht e con le navi, pare invece che l'attuale discrimine sia solo uno: il soldo. Se ne hai parecchi le porte dell'arsenale sono aperte, anzi apertissime, se sei un cittadino te ne devi stare fuori: è zona militare. 
Come cambiano i tempi, durante la Guerra Fredda si diceva che i militari fossero pronti a dare la vita per difendere la gente. Oggi vediamo che non sono pronti neanche a mettere i soldi per pulire dove hanno sporcato, per garantire ai cittadini quel che gli spetta e difenderli dalle speculazioni sempre in agguato. Ieri questioni di Difesa, oggi di denaro, che danneggiano la nostra vita quotidiana.

E visto che sembra ridursi tutto al gergo del denaro - un promemoria: la Marina Militare è in debito con gli spezzini. E se rimane un briciolo di dignità, non si può più evitare di saldare.


martedì 14 maggio 2013

Università in pericolo!

Il manifesto degli studenti

Gli studenti di Ingegneria nautica alla Spezia si stanno movimentando: vogliono impedire che il loro corso venga chiuso, perché qui da noi ci sono tutte le potenzialità per valorizzare espandere ed evolvere uno studio universitario che già ora risulta di livello internazionale. Perché è un assurdo far crescere qui una realtà così positiva per farla approdare via da Spezia in strutture meno avanzate e meno collegate a sbocchi lavorativi.

Una questione che riguarda anche le zone militari: da tempo la caserma Duca degli Abruzzi è stata individuata come il luogo adatto per una migliore sede universitaria. E sotto elezioni, sui giornali si leggeva della creazione di un'Accademia del Mare: oltre un'ala della caserma, alcuni spazi dell'arsenale si sarebbero aperti per offrire laboratori agli studenti.
Ottimo, anche perché è un perfetto punto d'incontro: i giovani sono il futuro e in questa città il futuro è oltre i muri militari. In un colpo solo - due passi avanti (dei molti da fare), alla faccia dell'immobile scenario che perdura da decenni, mentre il resto del mondo corre.
Basti pensare all'effetto ricostituente per il centro cittadino di una caserma vuota riconvertita a sede universitaria.  Ma tutto questo ora rischia di sfumare.

L'ala transennata della caserma Duca degli Abruzzi: cade a pezzi.
Una certa politica in confusione, che voleva trattenere a forza la portaerei Cavour per il suo solo equipaggio base (450 persone), oggi assiste inerte all'eventuale fine di Ingegneria nautica frequentata da più di 700 studenti. E, tanto per farci un'idea delle proporzioni, l'arsenale dà lavoro a circa 800 persone.

A Spezia i processi evolutivi si arenano, come per pessima tradizione. E gli unici che possono cambiare la tendenza sono gli spezzini, oggi, al fianco di studenti che arrivano qui anche da ogni parte d'Italia e del mondo. 
Da troppo tempo siamo abituati a pensare che “ghe penseà quarcün”, che “o faà quarcün autro”, ma la realtà è che non ci penserà e non lo farà nessun altro, se non noi cittadini.
Ognuno la sua (relativamente) piccola parte.

Giovedì alle 10.00 in piazza Brin: manifestazione per salvare l'università alla Spezia, ma, a ben vedere, per salvare tutta la città.



giovedì 9 maggio 2013

Crociere a misura di muro


Crociere in zona militare, ma per gli abitanti niente mare.


Ieri l'altro è arrivata una nave da crociera, se non fosse stata grande e bianca non se ne sarebbe accorto nessuno.
I turisti sono sfilati via con gli autobus appositi, col naso all'insù, appiccicati ai finestrini nel guardare il paese e il campanile. Chissà se un giretto, per curiosità, lo avrebbero fatto.

Ma basterebbe organizzarlo e proporlo. Certo, 150 anni di arsenale ci hanno dato un paese senza negozi, abbrutito. Ma che resiste ancora, caratteristico e originale: sincero. Ed è un bell'esempio della realtà che sta dietro lo slogan sulla vocazione industriale e la favola dell'indotto. Il fatto è che se non si ritorna a collegarlo al mondo, magari proprio tramite i turisti, non si può pensare di ridargli la vita e la luce che merita, così per magia.
Di contro la proposta che leggiamo sui giornali è di 'portare i corcieristi in giro per l'arsenale con bus scoperti', che non si schiaccino il naso contro il vetro per osservare da vicino i tetti in eternit. 

Ebbene sì: ci sono ambienti decisionali e/o politici che hanno la capacità incredibile di muoversi nella direzione opposta di quello che serve.
Possibile che nell'organizzare un'offerta turistica tra un impianto militare-industriale e un paese medievale non si pensi di comprendere entrambi? Visto che anche la storia li lega... Possibile che la scelta ricada sempre solo sull'altro lato del muro? Da generazioni?
E come nasce l'idea di far fare da guide turistiche ai dipendenti difesa, mentre frotte di spezzini per trovare un impiego sono costretti a trasferirsi? Qual è il criterio che spinge in questo modo a non creare nuovi posti di lavoro?
E non si può sventolare un'inferriata al posto del muro come quanto di meglio si possa fare per i cittadini. Siamo stanchi delle briciole di quel che ci spetta. Meno peggio “ingabbiati vivi” rispetto a “murati vivi”. Ma la farsa del meno peggio è solo continuare a negare ciò che è giusto.

È questa la svolta che si propaganda sui giornali: roba da far cadere le braccia.

È la prima nave, dovrà esserci il dialogo necessario per migliorare l'impostazione. Le crociere dovranno servire a ridare vita a un territorio inaridito, a rimettere in moto un motore economico fermo da troppo tempo, non a sfruttare aree militari in disuso lasciandole interdette alla popolazione.
Devono servire ad aprire gli spazi a una fruizione pubblica, non a chiuderli a vantaggio di interessi privati.

Se no, nulla cambia dal tenersi i moli semivuoti, occupati dal fantasma della Cavour.